Qwant: il motore di ricerca che tutela la privacy
Anche l’Europa avrà il suo motore di ricerca per internet. Si chiama Qwant e nasce da un team di imprenditori privati (Eric Léandri, Jean-Manuel Rozan e l’italiano Alberto Chalon) che hanno avuto l’idea di sviluppare un motore di ricerca indipendente, provvisto di una propria indicizzazione e con tecnologie innovative.
Il suo quartier generale è a Parigi e nel 2015 ha avuto un contributo di 25 milioni di euro dalla Banca Europea per gli Investimenti e quest’anno ha annunciato un aumento di capitale di 18.5 milioni di euro grazie all’ingresso nel capitale di Caisse des Dépots, la Cassa Depositi e Prestiti francese.
La particolarità di questo motore di ricerca è quella per cui Qwant non identifica l’internauta. Non ha infatti dispositivi di tracciamento o cookie finalizzati a profilare l’utente; in tal modo viene rispettato il diritto alla privacy e la libertà di impresa, garantendo alla persona il diritto all’oblio.
Per il Direttore Generale Alberto Chalon “il rispetto della privacy dei nostri utenti è un valore chiave, come la neutralità dei risultati della ricerca che garantiamo attraverso un algoritmo che non favorisce la selezione dei risultati con fini economici. È questo il connotato etico di Qwant: schermare l’utente nell’attività di ricerca”.
Per i bambini poi è disponibile Qwant Junior, in cui ogni contenuto inappropriato per i più piccoli è automaticamente eliminato dai risultati della ricerca.
Dopo Francia e Germania, Qwant ha deciso di arrivare in Italia con forti investimenti per strutturarsi e comunicare al pubblico. In tal senso partirà da domenica 8 ottobre una campagna televisiva con uno spot di 30 secondi unitamente ad una forte pressione digital.
Interessante il commento del Prof. Pizzetti:
“E’ bene aspettare per capire di più. Quello che è sicuro e’ che il fatto che non si tracciano gli utenti (quelli che fanno le queries) non ha assolutamente niente a che vedere con il diritto all’oblio sia che si intenda diritto a cancellazione dati degli users (visto che questi dati non sono nemmeno raccolti) sia che, come in generale si intende, il diritto all’oblio a cui si fa cenno riguardi il diritto di una persona a chiedere la delinkizzazione dei link relativi a notizie che lo riguardano. In questo senso mi pare ovvio che se (come mi pare ovvio) Qwant darà informazioni consistenti in link che rimandano a notizie su media relative a terzi, anche rispetto a Qwant potrà’essere chiesto esercizio diritto a oblio in base alla sentenza Costejo della Corte di giustizia”