«Ora c’è un nuovo Iban». Le grandi aziende finite nella truffa dei bonifici

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Cambia l’IBAN. Entrano nel carteggio con una falsa email e incassano i pagamenti: i raggiri degli hacker. Sottratti 200 mila euro.

«Vi preghiamo di voler prendere nota del cambiamento del nostro codice Iban per il pagamento». Identica nello stile, nel tono, nei caratteri tipografici. E insinuata in un rapporto commerciale già consolidato, in uno scambio di informazioni che andava avanti da tempo. È a causa di quella mail, «arma» di una raffinata truffa informatica, che tre note aziende milanesi hanno saldato tre fatture: i pagamenti però non sono stati accreditati ai fornitori (che li aspettavano), sono finiti invece su un conto che gli hacker criminali avevano creato come «recipiente», e che con tutta probabilità in questo momento è stato già svuotato. Tre fatture tra i 50 e gli 80 mila euro. Tutte pagate negli ultimi sette giorni: il segnale (per coincidenza di metodo e vicinanza nel tempo) che è in corso una nuova ondata di Man in the mail fraud, la truffa dei bonifici.

Chi è il truffato? Commercio (e frode) internazionale. Le tre aziende milanesi credevano di pagare i loro fornitori che si trovano in Turchia (una multinazionale), Polonia e Romania. I pagamenti «dirottati» sono finiti su un conto romeno. La truffa apre anche una questione giuridica, che ruota intorno all’interrogativo: chi è il truffato? Il creditore o il debitore? Tutte e tre le società milanesi si sono rivolte all’avvocato Antonello Martinez, fondatore dello studio «Martinez&Novebaci», presidente dell’associazione italiana avvocati d’impresa e rappresentante del dipartimento economico del Governo di Dubai in Europa. «Secondo la legge italiana – spiega il legale – dal punto di vista civilistico dobbiamo tener presente la nozione di “creditore apparente”. Se il debitore adempie a una prassi consolidata, e lo fa in buona fede, è liberato. Dunque non deve pagare due volte, il danneggiato sarebbe il creditore».