IoT, il fattore sicurezza frena lo sviluppo
Le applicazioni concrete dell’Internet of Things IoT nel mondo dei trasporti, dell’industria e di altri settori sono state ampiamente dimostrate. Manca però la fiducia necessaria per la messa a regime: a spaventare è soprattutto la gestione e la tutela dei dati.
L’Internet of Things è uno dei driver più noti dell’economia digitale. Se ne parla ormai da qualche anno, ma quella che doveva essere una rapida ascesa si sta rivelando una crescita più lenta del previsto. I motivi sono da ricercare sicuramente, come accade in qualsiasi segmento dell’innovazione, nell’avanzamento tecnologico che stenta a decollare dettato nel caso dell’IoT da un fattore specifico, quello della sicurezza. La fase delle dimostrazioni dei casi concreti di utilizzo della sensoristica e dei sistemi di dispositivi connessi è stata passata già da un pezzo e che l’Internet delle Cose aprirà nuove opportunità per la digitalizzazione di città, trasporti, industrie e altri ambiti è cosa risaputa. È piuttosto nella fase successiva non proprio secondaria, cioè quella della creazione di fiducia nelle nuove tecnologie, che il mondo IoT sta però faticando. E sono appunto le preoccupazioni legate alla sicurezza di questi maxi-sistemi interconnessi a impedire uno slancio in avanti.
Questo scenario, rileva un report di Frost&Sullivan, è decisamente evidente nei due settori che stanno aumentando le loro quote di investimento in questo nuovo paradigma del tutto connesso, cioè finanza e assicurazioni. Le compagnie assicurative e le banche si stanno avvicinando all’Internet of Things, senza però riuscire a fugare i dubbi relativi all’immissione di dati sensibili in reti con innumerevoli punti di accesso. Una violazione della sicurezza può compromettere i dati critici dei clienti come indirizzi, dettagli delle carte e informazioni personali, causando una perdita economica e di immagine notevole. Motivo per cui, prevede il rapporto, sarà la capacità di offrire un’infrastruttura in grado di proteggere qualsiasi dispositivo connesso (smartphone, tablet, sensori industriali, dispositivi indossabili, ecc.) a definire il posizionamento dei fornitori tecnologi sul mercato. E naturalmente anche la loro competitività, vista la delicatezza del tema sicurezza oggi più che mai. Basti pensare al Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (Gprd) partorito dall’Unione europea, che costringerà le aziende a dotarsi di adeguate soluzioni di protezione dei dati personali di cittadini e utenti per non incappare in sanzioni elevate (fino al 4% del fatturato di gruppo).
«La crescente applicazione di Internet delle cose all’interno dei servizi assicurativi e bancari sta dando origine a nuovi modelli di business incentrati sui dati e processi innovativi che aiutano gli utenti a lanciare nuovi prodotti e servizi – commenta Jean-Noël Georges, Global program director del gruppo Digital transformation di Frost & Sullivan – Inoltre, la rapida crescita di nuove start-up tecnologiche spinge le società finanziarie tradizionali ad aggiornare le proprie tecnologie per restare competitive. I vantaggi interessanti dell’IoT, quali la soluzione più rapida dei reclami, l’efficace sottoscrizione e la migliore efficienza interna, stanno attirando investitori da tutto lo spettro».
Effettivamente andando a spulciare i dati più recenti sugli investimenti ottenuti dalle compagnie insurtech si scopre un certo dinamismo. Solo fra aprile e giugno, stimano CB Insights e Willis Towers, queste società hanno raccolto 1 miliardo di dollari, il 150% in più dello stesso periodo 2016. Non è andata male nemmeno alle fintech passate, sempre secondo i dati di CB Insights, dai 3,7 miliardi di raccolta del 2° trimestre 2016 ai 5,2 miliardi del periodo aprile-giugno dell’anno in corso (+39%). Non è difficile prevedere che molte delle aziende finanziate abbiano, chi più chi meno, un piede nell’Internet of Things, la cui corsa dipenderà in gran parte dalla collaborazione fra le società di servizi finanziari e i fornitori tecnologici lungo tutta la catena del valore. Unica strada, secondo gli esperti di Frost&Sullivan, per condurre test estesi, aumentare i casi d’uso e soprattutto aprire le porte all’intelligenza artificiale, che darebbe un impulso notevole all’evoluzione tecnologica offrendo trasparenza e approfondimenti sui dati in tempo reale. Ancora una volta torna in auge il concetto di ecosistema, che sarà pure un termine inflazionato ma che non può essere trascurato.
Fonte: Andrea Frollà – LaRepubblica.it