Foto dei minori sui social: giurisprudenza Italiana a loro tutela
Foto dei minori sui social: giurisprudenza Italiana a loro tutela: il GDPR riporta: “il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale”. Interessante l’interpretazione della recente giurisprudenza domestica in un tema spesso purtroppo superficialmente trattato da alcuni genitori e che dunque contribuisce ad accrescere la “consapevolezza” collettiva e l’educazione all’uso adeguato dei strumenti “social”.
Il Tribunale di Mantova, adito ai sensi dell’art. 337 quinquies da un padre che chiedeva la modifica delle condizioni regolanti il rapporto genitori/figli sulla base di affermati comportamenti diseducativi della madre, rilevato che quest’ultima si era espressamente impegnata nei precedenti accordi recepiti dal Tribunale a non pubblicare – e comunque a rimuovere – le foto dei figli di tre anni e mezzo e di un anno e mezzo sui social network, constatata la perdurante opposizione del padre alla pubblicazione, ha incaricato il Servizio Tutela Minori di specifiche indagini sulle condizioni di vita dei minori e sulla capacità genitoriale di entrambi i genitori, accogliendo in via provvisoria urgente la richiesta di inibitoria quanto al divieto di pubblicazione e alla rimozione delle foto “postate”. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che l’inserimento delle foto dei figli minori sui social network nonostante l’opposizione di uno dei genitori integri violazione dell’art. 10 c.c., che vieta la pubblicazione di foto e immagini senza il consenso dell’avente diritto, nonché degli artt. 4, 7, 8 e 145 del Dlgs. 196/2003, riguardante la tutela della riservatezza dei dati personali, nonché degli artt. 1 e 16, 1° comma, della Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo (Conv. NY 20.11.1989, ratificata dall’Italia con l. 27.5.1991 n. 176).
Con il provvedimento in commento il Tribunale di Mantova prende posizione su una questione certamente di grande attualità: la legittimità della pubblicazione delle foto dei figli minori sui social network, pratica tanto diffusa quanto inconsapevole dei rischi e dei limiti.
Il Tribunale riconosce innanzitutto il pregiudizio per il minore insito nella diffusione della sua immagine, pregiudizio consistente nel pericolo che la circolazione delle immagini tra una moltitudine di persone anche sconosciute e potenzialmente “malintenzionate” possa condurre all’avvicinamento ai minori da parte di queste ultime, sottolineando inoltre come non possa essere trascurato l’ulteriore e grave pericolo che le immagini vengano “taggate” per trarne, attraverso fotomontaggi, materiale pedopornografico.
Il riconoscimento del pericolo insito nella pubblicazione sui social network delle foto dei minori conduce il giudice adito a ritenere ammissibile la pronuncia di una inibitoria urgente con la quale sia ordinata la rimozione delle foto già postate e ribadito il divieto di pubblicare nuove foto, fondando tale pronuncia sul dettato dell’art. 10 c.c., concernente la tutela del diritto all’immagine, nonché degli artt. 1 e 16, 1° comma, della Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo, ai sensi dei quali è vietata ogni interferenza arbitraria nella vita privata dei minori degli anni diciotto. Il Tribunale di Mantova richiama infine anche la normativa in materia di privacy (D.lgs. 196/2003) rilevando come anche la diffusione dell’immagine fotografica del minore possa essere considerata un’interferenza nella vita privata di quest’ultimo.
Il diritto all’immagine
Ai sensi dell’art. 96 della legge sulla protezione del diritto d’autore (legge 22.4.1941 n. 633) “il ritratto di una persona non può essere esposto, riprodotto o messo in commercio senza il consenso di questa”, salvo che la riproduzione dell’immagine sia giustificata dalla notorietà, dall’ufficio pubblico ricoperto o da particolari necessità scientifiche, culturali o di sicurezza, o salvo ancora che la riproduzione sia collegata ad avvenimenti di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. (art. 97).
L’art. 10 c.c. prevede che, qualora l’immagine di una persona (o dei suoi genitori, del coniuge o dei figli) sia esposta o pubblicata senza il consenso della stessa, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, possa ordinare la rimozione della pubblicazione e condannare al risarcimento dei danni.
Il diritto all’immagine si esplica dunque nel divieto per i terzi di esporre o pubblicare il ritratto senza il consenso dell’interessato.
Il consenso alla pubblicazione può essere tacito, ma ciò non implica automaticamente che lo stesso debba ritenersi esteso ad ogni forma di pubblicazione, bensì solo a quell’uso che fosse prevedibile dall’interessato (Cass. Civ. 11491/2006; Cass. Civ. 3014/2004; T. Roma 24.1.2002).
La pubblicazione dell’immagine senza il consenso dell’interessato è comunque illecita quando rechi un pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona ritratta (art. 97, comma 2, Legge 22.4.1941, n. 633).
L’abusivo utilizzo dell’immagine altrui comporta la necessità di risarcire il titolare del diritto: danno patrimoniale ove la vittima abbia risentito un pregiudizio economico dalla pubblicazione; danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. in quanto la risarcibilità è conseguente alla lesione di un diritto inviolabile della persona costituzionalmente garantito (Cass. Civ. 12433/2008; Cass. Civ. 4366/2003; Appello Roma, sez. I, 10.10.2011).
Il diritto all’immagine e la responsabilità genitoriale
In assenza di norme specifiche, il consenso alla pubblicazione delle immagini relative ai minori deve essere espresso dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale.
Con riferimento al trattamento dei dati personali, del resto, il principio è chiaramente espresso dall’art.8 del Regolamento UE n. 679/2016 del 27.4.2016, che entrerà in vigore il 25.5.2018, il quale specifica che “per quanto riguarda l’offerta diretta di servizi della società dell’informazione ai minori, il trattamento di dati personali del minore è lecito ove il minore abbia almeno 16 anni. Ove il minore abbia un’età inferiore ai 16 anni, tale trattamento è lecito soltanto se e nella misura in cui tale consenso è prestato o autorizzato dal titolare della responsabilità genitoriale”.
Secondo quanto disposto dall’art. 316 c.c., la responsabilità genitoriale spetta ad entrambi i genitori ed è esercitata “di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio”. Occorre peraltro sottolineare che ciò vale tanto per le famiglie fondate sul matrimonio, quanto nel caso in cui i genitori non siano sposati e ciò a prescindere anche dalla convivenza con il figlio. E’ noto infatti come la riforma della filiazione del 2012/2013 (Legge 10.12.2012 n. 219 e Dlgs 28.12.2013 n. 154), abrogando la disposizione di cui all’art. 317-bis che attribuiva l’esercizio della potestà al genitore convivente con il figlio riconosciuto da entrambi, abbia sancito che l’esercizio della responsabilità genitoriale spetti in ogni caso ad entrambi i genitori che abbiano riconosciuto il figlio.
Si consideri, inoltre, che – trattandosi di questione concernente il rispetto di un diritto inviolabile della persona, e dunque certamente questione “di maggior interesse per il figlio” – anche in caso di disgregazione dell’unità familiare, la decisione circa la prestazione del consenso alla pubblicazione dell’immagine pare dover essere adottata da entrambi i genitori, e ciò quando ad uno di essi sia stato attribuito l’affido esclusivo del minore (art. 337-quater c.c.).
Il carattere pregiudizievole della pubblicazione dell’immagine dei minori
Come deciso dal giudice mantovano, dunque, l’opposizione del genitore (peraltro nel caso specifico titolare di affido condiviso) è tale da rendere illecita la pubblicazione delle immagini.
Il Tribunale di Mantova, tuttavia, sul presupposto del carattere potenzialmente pregiudizievole della pubblicazione dell’immagine dei minori sui social network, riconosce anche la necessità di provvedere in via d’urgenza al fine di vietare la pubblicazione di nuove immagini e di ordinare la rimozione di quella già postate.
Non solo, dunque, il Tribunale afferma la necessità del consenso di entrambi i genitori (o meglio: che non sussista l’opposizione di uno di essi) per la pubblicazione delle immagini, ma esplicitamente accerta il carattere pregiudizievole della pubblicazione stessa.
Partendo proprio dal riconoscimento del carattere pregiudizievole del comportamento, potrebbero essere effettuate ulteriori considerazioni riguardo alla pubblicazione delle immagini dei minori su facebook, whatsapp e similari.
Si potrebbe innanzitutto giungere ad affermare che anche il genitore non esercente la responsabilità possa rilevare il carattere pregiudizievole rispetto all’interesse del minore, avvalendosi del proprio potere/dovere di vigilanza di cui all’art. 316, comma 4, c.c., così come si potrebbe ritenere legittimato ad agire ai sensi dell’art. 337-quater, comma 3, c.c. il genitore cui i figli non siano affidati.
Si ricordi, inoltre, che l’art. 709-ter c.p.c. prevede che il giudice, “in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento”, possa non solo modificare i provvedimenti relativi all’affidamento dei minori, ma anche assumere ulteriori misure quali l’ammonimento del genitore inadempiente, così come disporre a carico di quest’ultimo il risarcimento del danno in favore del minore o dell’altro genitore, ed infine condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Diritto all’immagine e prestazione del consenso
Ma il riconoscimento del carattere intrinsecamente pregiudizievole della pubblicazione delle foto dei minori e del rilievo costituzionale del diritto all’immagine consentono ulteriori riflessioni.
Principio cardine che informa di sé tutta la disciplina del capo I, titolo IX, libro I del codice civile è certamente l’interesse del minore, tanto che la responsabilità genitoriale è stata definita quale ufficio di diritto privato finalizzato all’attuazione dell’interesse del minore, cui corrisponde una precisa responsabilità dei genitori nei confronti di quest’ultimo.
Strumento per l’assolvimento di tale ufficio è certamente la rappresentanza legale del figlio minore che, incapace di agire, necessita di tale strumento per poter validamente porre in essere atti giuridici.
Ora, poiché il consenso alla pubblicazione dell’immagine costituisce un negozio unilaterale che, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, non avrebbe ad oggetto il diritto personalissimo ed inalienabile all’immagine, ma solo l’esercizio di tale diritto (Cass. civ. Sez. I, 29-01-2016, n. 1748), potremmo dire che i genitori esercenti la responsabilità genitoriale prestando il consenso alla pubblicazione non dispongono certo del diritto all’immagine in sé, bensì esclusivamente rappresentano il minore nel compimento del negozio giuridico in cui consiste la prestazione del consenso alla pubblicazione.
Di conseguenza: in primo luogo, il carattere intrinsecamente pregiudizievole della pubblicazione dovrebbe a rigore condurre a ritenere la decisione dei genitori, anche se concorde, comunque inammissibile, in quanto in contrasto con l’interesse del figlio.
In secondo luogo, si potrebbe addirittura ipotizzare l’esistenza di un diritto al risarcimento del danno in capo al minore, fondato sulla responsabilità del/dei genitori che abbiano pubblicato le foto del figlio sui social network, e ciò a maggior ragione nel caso di maggiore degli anni sedici che con l’entrata in vigore del Regolamento UE n. 679/2016 del 27.4.2016 potrà disporre del trattamento dei propri dati personali.
Fonte: Quotidiano Giuridico